giovedì 31 marzo 2016

Women in action: esibire il proprio corpo per sovvertire

Sovvertire i valori costituiti attraverso la manipolazione e l’esibizione del proprio corpo. Abolire la distanza tra artista e pubblico facendo dell’arte un fondamento della comunicazione sociale, uno specchio e un laboratorio dei cambiamenti in atto. Il pubblico non è più considerato uno spettatore passivo, ma parte integrante dell’opera stessa. È la Body Art, signori! Una rivoluzione culturale che fin dagli anni Sessanta ha visto le donne grandi protagoniste con performance in ogni parte del mondo rivendicate come scelta politica per la parità di genere proprio negli anni cruciali del movimento femminista. Volutamente effimere e legate al qui ed ora dell’accadimento, molte delle creazioni di queste artiste hanno natura essenzialmente concettuale e sono arrivate a noi attraverso riproduzioni in forma fotografica o filmica oppure attraverso la conservazione di oggetti impiegati in occasione delle azioni.
Oggi una bella mostra, Gestures - Women in action a Merano, le celebra e le propone al grande pubblico. Da Yoko Ono a Marina Abramovic, da Orlan a Shirin Neshat, da Valie Export a Gina Pane, da Carolee Schneemann a Yayoi Kusama, Ana Mendieta, Charlotte Moorman, fino alle più contemporanee Sophie Calle, Jeanne Dunning, Regina José Galindo, Silvia Camporesi e Odinea Pamici tutte hanno abolito i confini tra teatro, spettacolo, comunicazione e arte, usando il proprio corpo per denunciare la condizione della donna nel mondo. Seguendo il percorso espositivo troviamo l’opera dell’austriaca Valie Export (pseudonimo attraverso il quale l’artista ha voluto negare il cognome paterno sostituendolo con la marca di sigarette austriache “Export Smart”), che ha al centro della sua poetica la protesta contro la sofferenza psichica e fisica subita dalle donne. C’è poi “Ballo per Yvonne” della provocante triestina Odinea Pamici che gioca con gli stereotipi femminili, con i simboli del matrimonio e della cucina come spazio consacrato alla donna dalla tradizione. E ancora: le grandi fotografie della francese Orlan, famosa per le operazioni di plastica facciale e di chirurgia estetica attraverso le quali ha modificato il proprio corpo rendendolo materiale artistico primario e riflettendo sul tema dell’ibridazione tra natura e tecnologia. Non mancano gli scatti e i video della Abramovic nota per le sue performance estreme, attraverso le quali ha esplorato i limiti della sopportazione corporea, le potenzialità della mente e della concentrazione. Molto bella è l’opera dell’iraniana Shirin Neshat che indaga il ruolo sociale della donna nelle società islamiche contemporanee.
Grande risalto è dato a Yoko Ono, pioniera di questa corrente: era già attiva negli anni Cinquanta nel movimento Fluxus, gruppo che ha posto le premesse per lo sviluppo di questo tipo di sensibilità espressiva. In mostra il celebre video e alcune fotografie della performance “Cut piece” (1965) e alcune immagini della performance eseguita con il marito John Lennon: “Bed In” (1969). Di Jeanne Dunning sono proposte delle sequenze dalla serie “Long Hole” (1994-96) nella quale l’artista statunitense riflette sulla relazione che ognuno di noi intrattiene con la propria singolare fisicità, identità e sessualità, esplorando gli aspetti stranianti che emergono da questo confronto. Ad accogliere il visitatore il violoncello dell’artista e musicista americana Charlotte Moorman e il video che mostra la performance in cui l’lo ha adoperato. La mostra, aperta fino al 10 aprile, è preziosa e testimonia un percorso artistico tortuoso attraverso il quale le donne protagoniste del movimento della Body Art hanno mutato profondamente il corso dell’arte contemporanea.

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