sabato 7 novembre 2015

#Barrikate: c'era una volta... il pozzo dei pazzi



Ho ricevuto un nuovo racconto da parte di Barrikate. Eccolo.

C'era una volta un villaggio con un unico pozzo d'acqua. Tutti gli abitanti di quel villaggio bevevano da quel pozzo. Lo avevano sempre fatto, da generazioni.
Anno dopo anno il tempo aveva cancellato l'antico segreto di quel pozzo, la cui acqua rendeva pazzi.
Ma ormai nessuno se ne rendeva conto.
E nel tempo infatti, quel villaggio, si era trasformato nel regno della pazzia.
Anche se a tutti gli effetti, per gli abitanti del villaggio, quello era il luogo della normalità.
Arrivò un giorno un forestiero nel villaggio. Da subito si rese conto che qualcosa non andava, guardando il comportamento folle della gente del villaggio.

Fu anche chiaro da subito a tutti gli abitanti del villaggio che il forestiero aveva comportamenti strani. Si vedeva chiaramente che non era uno di loro e cominciò ben presto a circolare la voce che fosse arrivato un pazzo in città.

Il forestiero ci fece poca importanza. Aveva visto molti posti, letto molti libri, ascoltato molte voci strette tante mani.
Si sarebbe fermato solo il tempo necessario per riempire la sua borraccia. E poi via, di nuovo verso la tua strada.
Arrivato in prossimità del pozzo si fermò. Il suo istinto gli disse di fermasi. Respirò profondamente per amplificare la sua attenzione. E si ascoltò.
In quell'istante percepì  un odore. Un ricordo, un’immagine, un dolore.
Negli anni ne aveva incontrati molti di quei pozzi e aveva potuto verificarne gli effetti.
Sapeva di come quell'acqua avvelenava la vista, creando la pazzia dell'illusione e la debolezza che questa porta. Lui sapeva quanto quell'acqua potesse generare una distrazione perenne in cerca di mostri o di sogni fantasiosi.
Dimenticandosi del reale.

Il forestiero decise di non bere.
Si guardò intorno.
Con il movimento di un lento sapere, comincio a cogliere foglie, bacche, linfa dai tronchi. Cominciò a schiacciare, a impastare, amalgamando il tutto. Finché fu soddisfatto.

Poi si mise ad aspettare, con calma e pazienza.
Dopo un po' vide un abitante del villaggio recarsi al pozzo per prendere dell'acqua.
Con calma si diresse verso di lui.

L'abitante del villaggio aveva notato la presenza del forestiero e, vedendo che stava venendo verso di lui, si fermò.

“Mangia questo”, disse il forestiero porgendo all'abitante del villaggio il suo miscuglio.
“Cosa?” esclamo l'abitante sorpreso dalla richiesta del forestiero. Ma non fece in tempo a completare la frase che fu colpito da due cazzotti ben assestati che lo spedirono a terra.
Sentì solo il forestiero dire “Non ho tempo da perdere”. Sentì le sue mani aprirgli la bocca e infilargli a forza quel boccone in gola.
Provò a resistere, ma durò poco. E inghiottì il tutto.
E tutto fu diverso.
Non ebbe il tempo di guardarsi intorno che il forestiero gli diede una ricetta scritta su un foglietto in fretta e furia. “Questa è la base della medicina, l'acqua del pozzo è inquinata e vi rende malati, e io vado via. Buona fortuna”. Non lo vide mai più

Rimase ore lì, fermo, cercando di capire, pietrificato dalla paura: cosa gli avrebbe mostrato quel cambiamento che poteva sentire. Perché sapeva di essere cambiato, ma non capiva come.

Arrivò il momento che gli altri abitanti del villaggio si accorsero conto di lui. Vedendolo in terra vicino al pozzo, cominciarono a chiedersi il perché di quel comportamento bizzarro: nessuno si sedeva mai vicino al pozzo. Cominciarono a preoccuparsi.
Accorsero in molti a vedere se avesse bisogno di aiuto, cercando di capire che cosa fosse successo, per aiutare quel loro fratello che d'improvviso si era seduto vicino al pozzo.
Lo alzarono e cominciarono a porgli domande, a toccarlo, a rassicurarlo. Domande che però lui non riusciva più a capire, a seguirne il senso logico, il nesso, la causa, il soggetto. E quei tocchi non riusciva più a considerarli rassicuranti.
E capì.
“L'acqua del pozzo è avvelenata”, grido ad un tratto.
Gli altri abitanti si immobilizzarono nel sentire queste parole.
“Sì,  l'acqua del pozzo è avvelenata ma per fortuna il forestiero mi ha dato la cura”
A quel punto iniziarono i mormorii. “Sei uno stupido” gridavano alcuni. “Non spaventarci cosi”,  urlavano altri.
Molti si indignarono nel sentire le scemenze che andava dicendo quel folle. Altri cominciarono a prenderlo in giro rendendolo il giullare del villaggio.

In poco tempo fu isolato.

Restò solo.
Pensò di andarsene, fu preso da momenti di sconforto e d'impotenza. Aveva appena cominciato a capire, ma gli altri? Come avrebbe mai potuto convincerli? Andarsene avrebbe significato dimenticarsi di tutto, ma lui non voleva scordare, non poteva scordare, quelli che un tempo erano i suoi amici, la sua famiglia la sua comunità. Come poteva abbandonarli, conoscendo ora la realtà dei fatti?.
Per il forestiero in fondo era stato facile: lui era andato via, poche parole che ti cambiano l’esistenza e nulla più se non una ricetta scritta di fretta e un buona fortuna.
Per il forestiero era stato facile, due pugni e mandi giù l’intruglio.
Ma per lui? Pensare di far prendere la medicina a tutti soltanto con i pugni sapeva bene che non avrebbe mai funzionato. Al massimo con i pugni ne convinci uno, e lui doveva convincere tutti.
Aveva pensato anche di distruggere il pozzo, idea scartata da subito. Quello era l'unico pozzo, volente o nolente era l'unica acqua a disposizione, rendeva pazzi sì, ma comunque permetteva di continuare la vita. Senza quell'acqua pazzi o non pazzi sarebbero morti tutti.

Questo pensiero, gli ricordò una cosa: anche lui doveva bere.
E forse tornare a bere dal pozzo sarebbe stata la via più facile. Dimenticare, rimuovere, abbandonarsi di nuovo alla percezione della normalità, costi quel che costi, anche se questo alla fine distruggerà il villaggio e il mondo a cui appartiene.

Fu tentato, si trovò più volte sul punto di cedere.
E iniziò a piovere.
L'odore: ora riusciva a sentire l'odore.
Era in grado di percepire il vento che soffiava, l'acqua che scorreva sulla pelle. Il forestiero gli aveva permesso di ritrovare il suo respiro, di percepirlo di nuovo fino ad ascoltare il battito del suo cuore.

Poteva ascoltare il suo cuore, quel muscolo che batte e a cui dobbiamo tutto. Finalmente poteva ascoltare se stesso, senza paura, senza timore, ne vergogna ne sensi di colpa.
E quando ascolti il cuore tutto è chiaro. Non è ne amore, né sentimento, ma è vita, è tempo, è pensieri, azioni, sogni che verranno, finché batte lo puoi fare, se veramente lo vuoi.

Prese una vanga, seguì la pioggia, le pozze e i rigagnoli che lascia sul terreno, ascoltò la consapevolezza di fare ciò che riteneva giusto, per sè.
Trovò l'acqua, buona fresca tanta e costruì un pozzo.
Finalmente si riposò. Bevendo la sua acqua si era dissetato rimanendo ciò che voleva essere.
Rise soddisfatto di essere solo, ma felice di essere con se stesso.

Nel mentre passo un altro abitante del villaggio, che incuriosito si avvicinò al nuovo pozzo.
Guardo dentro. Il nostro lui gli grido “Non bere”, ma l'abitante del villaggio non se ne curò e bevve abbondantemente.
“Buona” disse dopo averla assaporata. “Perché non volevi farmela bere?” domandò.
“Non volevo fartela bere per lo stesso motivo per cui non voglio che tu mangi questo biscotto” gli rispose offrendogli con mano aperta e distesa la sua medicina.
L'abitante del villaggio non esitò, e con un solo boccone mangiò tutto.
E fu un momento, il tempo di un respiro. All'improvviso comprese.

“Questa è la ricetta per la medicina che mi è stata data e che io passo a te, l'acqua dell'altro pozzo del villaggio è avvelenata e rendi pazzi. Ora tu puoi rendertene conto. Ti lascio questo pozzo che ho costruito, qui l'acqua è buona. Buona fortuna, io vado”

“Dove?” rispose l'abitante del villaggio in un brevissimo momento di lucidità in quell'incertezza che ogni cambiamento porta con sé.

“A costruire un altro pozzo” rispose. E andò via.

Non prima di essersi fermato ancora una volta, per ribadir,e quasi a liberarsi di un peso. “Poco cose ho capito da quando non mi sento avvelenato, ma di qualcuna sono certo: non saprò mai chi è in fondo il vero pazzo, ma soprattutto il miglior modo di far fare qualcosa a qualcuno e di intimargli di non farla. E ancora: l'acqua con cui soddisfi il tuo corpo o il cibo con cui nutri il tua mente è fondamentale, come il respiro, come il cuore, come il tempo che passa nelle cose non fatte o che al contrario scorre”.

Perchè vivere è affrontare il cambiamento.
Barrikate

Nessun commento:

Posta un commento