martedì 3 febbraio 2015

Intrighi e strane alleanze dietro il regicidio di Bresci: Architettura di una chimera


Il 18 maggio 1901, quattro giorni prima del "suicidio" di Gaetano Bresci nel carcere di Santo Stefano, Errico Malatesta inviò da Londra una lettera, intercettata dal ministro degli Interni italiano Giolitti, ad un compagno sconosciuto che si trovava a Parigi.  Il documento, pubblicato e commentato per la prima volta da Lorenzo Gestri nel 1971, alludeva ad una misteriosa operazione supportata trasversalmente anche da elementi esterni alla più stretta cerchia anarchica e finalizzata alla realizzazione della agognata rivolta antisabauda.      
Chi è il destinatario della lettera? E sopratutto da chi era formata quella inedita alleanza che voleva rovesciare la monarchia?

A rispondere a queste domande arriva il saggio "Architettura di una chimera" (edito da Universitas Studiorum di Mantova) nel quale i due autori, Salvatore Mazzariello e Enrico Tuccinardi, hanno ricostruito in tre anni di ricerca,  grazie all'ausilio di documenti d'archivio francesi ed italiani, una vicenda che, a distanza di più di un secolo, resta ancora storiograficamente aperta.

Nel saggio viene, innanzitutto individuato, con un buon grado di verosimiglianza, il destinatario della missiva appurando, contro le precedenti ipotesi storiografiche, la reale e sorprendente identità di quell' “Oreste” che un ruolo tanto importante riveste nell'economia dei fatti che Malatesta lasciava trasparire nella sua missiva.  Documenti inediti trovati negli archivi parigini hanno consentito agli autori, inoltre, di certificare senza alcun dubbio un concertato soggiorno di Malatesta a Parigi (Neuilly) presso l’ex regina di Napoli Maria Sofia di Baviera (dal 1 al 7 febbraio 1901) e permettono di fare luce su molti degli eventi più pregnanti occorsi in quel frangente.
Non solo, il saggio tenta anche di far luce anche sul ruolo, assolutamente non marginale, che ebbe nella vicenda l’enigmatico Angelo Insogna, uomo di fiducia di Maria Sofia, citato espressamente da Malatesta nella lettera, e che come Benedetto Croce segnalerà in una sua dichiarazione pubblicata sulla Stampa di Torino nel 1926, si rivelò essere uno dei principali fulcri di quella che fu probabilmente una incredibile ed articolata “convergenza di interessi”.
Sulla scia di una querelle storiografica mai sopita che ha avuto negli anni passati ulteriore eco a seguito dei lavori presentati da Arrigo Petacco su Bresci e Maria Sofia, Mazzariello e Enrico Tuccinardi tentano di ristabilire una plausibile definizione degli eventi esaminati mantenendo un utilizzo rigoroso delle fonti ed un puntuale confronto con la più qualificata letteratura specialistica.              
Indipendentemente dalla condivisione o meno delle conclusioni alle quali sono pervenuti, gli autori ritengono importante che tutti questi nuovi dati (quelli strettamente documentali ed archivistici in modo particolare) vengano recepiti e studiati con attenzione dal mondo accademico e da tutti coloro che ancora oggi si interessano a questo passaggio della nostra storia.

Nella premessa del libro, che ha come sottotitolo "Rivoluzione e complotti in una lettera dell’anarchico Malatesta reinterpretata alla luce di inediti documenti d’archivio",  è pubblicato il testo "Contro la monarchia, appello a tutti gli uomini di progresso" che Malatesta fece stampare a Londra nell'agosto 1899  in forma anonima e con il titolo in copertina “Aritmetica Elementale”.

Ma egli è certo che oramai la Monarchia non conta più che sulla sciabola
ed alla sciabola affiderà in definitiva la difesa di se stessa e della classe
che con essa si è solidarizzata.
Si tratta dunque di opporre la forza alla forza: e l’insurrezione popolare
si presenta di nuovo come mezzo necessario per abbattere la tirannia.
Ma non basta insorgere: bisogna vincere. [...]
Bisogna dunque se si vuol vincere e non affrontare inutilmente periodici
massacri, prepararsi in modo adeguato alle forze contro cui si deve
combattere. [...]
Quando un uomo è caduto nell’acqua e si affoga non si sta a discutere
perché vi è caduto e come bisogna fare per impedire che vi caschi di nuovo:
ciò che urge è di cavarlo dall’acqua e di impedire che muoja.
Quando un paese è invaso da un’orda selvaggia che vilipende, spoglia,
massacra gli abitanti quel che bisogna fare innanzi tutto è di gettare fuori
dal paese l’invasore per quanto grandi sieno i torti che una parte dei citta-
dini può avere verso dell’altra, per quanto differenti sieno gl’interessi delle
varie classi, le aspirazioni dei varii partiti.

"Una svolta nel pensiero di Malatesta", fanno notare gli autori,  "che, senza essere ideologica, fu di natura strategico-operativa. Una scelta pragmatica che lo spinse, per amore della rivoluzione e solo temporaneamente, verso sponde tradizionalmente rivali senza tuttavia rinunciare, in nessun caso, alla propria identità anarchica.
Nella stessa ottica, l’attentato al re Umberto I avrebbe potuto rappresentare, per Malatesta, quella “miccia” in grado di innescare un’insurrezione popolare e, sebbene gli eventi successivi al regicidio avessero dimostrato quanto illusoria fosse tale speranza, Malatesta ne maturerà piena consapevolezza solo negli anni successivi.
È in questo humus storico-politico che germoglia e si sviluppa l’intreccio di eventi che fa da sfondo alla missiva di Malatesta.
Scaturisce allora in maniera naturale dalla disamina, una finalità a ben più ampio raggio: il riesame critico di un’ipotesi storiografica fino ad oggi “debole” riguardante la possibilità che il regicidio di Monza, ad opera di Gaetano Bresci, non solo non fu un atto isolato frutto dell’intima volontà personale di un giovane anarchico esasperatamente idealista, bensì un evento complesso da inquadrare, se non spiegare, in un più ampio sistema di “interessi convergenti”.
Un affare che vide coinvolti in maniera articolata – prima durante e dopo l’attentato – àmbiti strettamente anarchici, àmbiti borbonici legati all’ex regina di Napoli Maria Sofia di Baviera e àmbiti anarcosocialisti e radicalsocialisti anche di matrice parlamentare".

5 commenti:

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  4. (dall'estero)
    Buongiorno.
    Non sono mai riuscito a capire la compiacenza venuta a circondare questo libro, benche abbia chiarito dei punti rimasti oscuri e l'abbia fatto con dovuta precisione -pero... non l'ha fatto che per meglio ingannare il lettore ! Di più è doveroso sottolineare -come fatto qui sopra- che l'esistenza di un piano di evasione di Bresci (con aiuto borbonico) era nota dal... 1926, attraverso le approzimazioni del Croce, e che la lettera di Malatesta facendovi più o meno allusione è stata pubblicata nel ormai lontano 1971.
    Non intendo, col dubbioso aiuto del mio imperfetto italiano, negare ne l'esistenza di questo piano, ne quella di contatti tra Malatesta e Maria Sofia di Baviera all'inizio dell'anno 1901, ne il fatto che, per ragioni loro, i due interlocutori potevano allora proseguire lo stesso scopo (evasione). Pero sono queste della realtà posteriori all'attentato di Bresci : e almeno che qualcosa mi fosse fuggito non ho mai trovato, fino adesso almeno, nessun elemento -essendo chiaro che basta uno, quando si tratta di elemento convincente- che potesse far pensare ad un coinvolgimento monarchico dietro l'atto di Bresci...
    Cordialmente

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  5. Finalmente non ho fatto uso della parola "frode" (la ragione essendo, che i due mistificatori non hanno fatto uso di documenti falsi) pero ho detto la stessa cosa in altri termini, in un mio articolo riassuntivo in francese

    https://www.academia.edu/37690422/Gaetano_Bresci_sens_dessus_dessous_et_ceux_qui_se..._disaient_anarchistes

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